ANTIFASCISTI E MILITARI COLLABORATORI DEI PARTIGIANI
Nato a Castelbuono (Palermo) nel 1917, fin da giovane aderì al fascismo e seguì le orme dello zio materno Michelangelo Di Stefano, fervente fascista nonché capo della Divisione polizia politica del Ministero dell’Interno. Vicecommissario di PS, fu assegnato all’Ispettorato Speciale di PS per la Venezia Giulia al momento della sua fondazione nel 1942.
Si distinse per l’efferatezza dei suoi metodi che contemplavano il ricorso frequente a diversi metodi di tortura contro i partigiani e i fiancheggiatori della Resistenza catturati dagli agenti dell’Ispettorato (non a caso noti dispregiativamente come “banda Collotti).
Nell’aprile 1945, a seguito della piega presa dagli eventi, fuggì da Trieste con la sua compagna e alcuni accoliti.
Individuato a Carbonera nei pressi di Treviso da un commando partigiano con a capo Pietro Slocovich, fu tenuto prigioniero per essere trasferito appena possibile in una sede più sicura, interrogato e processato.
Ciò non avvenne perché nella notte del 26 aprile fu giustiziato da alcuni dei suoi carcerieri partigiani, che sembra siano fuggiti con parte della refurtiva requisita allo stesso Collotti.
Bibliografia
- M. Vinci, voce Gaetano Collotti, in P. Karlsen (a cura di), Dizionario della Resistenza alla frontiera alto-adriatica. 1941-1945, Gaspari, Udine 2022
- C. Cernigoi, La “banda Collotti”. Storia di un corpo di repressione al confine orientale d’Italia, Kappa Vu, Udine 2013, ad nomen