ANTIFASCISTI E MILITARI COLLABORATORI DEI PARTIGIANI
Nato a Zellina, frazione di San Giorgio di Nogaro (Udine), il 7 ottobre 1913 da padre contadino e madre casalinga, seguì lavorativamente le orme paterne.
Politicamente non legato a nessun partito ma tendenzialmente anarchico, durante la Resistenza combatté dapprima in ignote unità carniche, poi fu trasferito in un gruppo GAP legato all’Intendenza Montes.
Acquisì il soprannome di “il Mancino” perché privo dell’uso della mano sinistra (in friulano manzin significa, oltre che mancino, anche monco di una mano). Partecipò a diverse azioni militari e divenne il comandante di un gruppo gappista noto come Diavoli Rossi, che condusse l’assalto alle carceri di Udine avvenuto il 7 febbraio 1945.
Un’altra operazione notevole nella quale “il Mancino” fu coinvolto fu il tentato assassinio di Odorico Borsatti, deciso per vendicare la morte di Silvio Marcuzzi “Montes”.
Il piano fallì dato che Borsatti non giunse nella località prevista, poco fuori Zellina, il 14 novembre 1944; al posto suo però vi transitarono 12 militi repubblichini, otto dei quali furono falcidiati dal fuoco gappista.
I Diavoli Rossi parteciparono alla Liberazione di Udine e di Palmanova. Il 14 agosto 1945, Citossi fu arrestato dai carabinieri di Udine e trasferito a Padova perché accusato di essere implicato nell’eccidio di Porzûs.
Ritornò in libertà il 23 dicembre 1946, riconosciuto innocente dalla magistratura. Per motivi non chiari decise allora di trasferirsi in Jugoslavia, dapprima in Slavonia e poi in Istria. Morì a Pisino (Jugoslavia, oggi Croazia) il 7 aprile 1977.
Bibliografia
- P. Visintin, Romano il Mancino e i Diavoli Rossi, Kappa Vu, Udine 2002
Gelindo Citossi (da P. Visintin, Romano il Mancino e i Diavoli Rossi, Kappa Vu, Udine 2002, p. 14. Per gentile concessione di Kappa Vu Edizioni)