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Assalto gappista alle carceri di Udine (7 febbraio 1945)

La sera del 7 febbraio 1945 un autocarro militare si presentò davanti al portone delle carceri, in via Spalato 30; dal mezzo scesero sette uomini vestiti da militari tedeschi e da brigatisti neri che scortavano due partigiani. Tutti e nove erano in realtà membri del commando GAP “Diavoli rossi” guidati da Romano “il Mancino” (Gelindo Citossi). Altri 15 partigiani erano rimasti nell’autocarro, pronti a intervenire. I partigiani travestiti da tedeschi riuscirono nel loro piano di trarre in inganno gli agenti di guardia, da cui ottennero le chiavi delle celle. Tagliate le comunicazioni con l’esterno, il commando fece evadere i 73 detenuti politici reclusi nel penitenziario, molti dei quali erano stati condannati a morte. Nel frattempo, però, era stato dato l’allarme e sul posto giunsero diverse unità di tedeschi e militi fascisti proprio mentre i gappisti e gli evasi stavano fuggendo. Ne conseguì una sparatoria che provocò la morte di diversi nazifascisti, mentre sembra che non ci siano state vittime nello schieramento avversario. Come rappresaglia, il 9 febbraio i tedeschi fucilarono 23 ostaggi davanti al muro di cinta del cimitero di Udine.

Bibliografia

  • M. Pacor, Confine orientale. Questione nazionale e Resistenza nel Friuli e Venezia Giulia, Feltrinelli, Milano 1964, pp. 311-312

  • P. Visintin, Romano il Mancino e i Diavoli Rossi, Kappa Vu, Udine 2002, pp. 83-126

  • A. D’Aronco, L’eccidio delle Carceri di Udine del 9 aprile 1945: le fonti inedite dell’inchiesta per crimini di guerra della 69. Special Investigation Section, Kappa Vu, Udine 2017