Liberazione di Trieste (30 aprile – 1° maggio 1945)

A differenza di quanto accaduto in altre aree della regione, a Trieste la complicatezza del contesto politico e la conseguente frammentazione dell’antifascismo fu l’elemento che fece sì che nel capoluogo giuliano avvenisse una doppia insurrezione.
Alla vigilia della liberazione, infatti, si era giunti a un punto di non ritorno nei rapporti tra il CLN e Unità Operaia (quest’ultima collegata all’OF), a cui lo stesso PCI aveva aderito uscendo dal CLN dopo la decapitazione del gruppo dirigente guidato da Luigi Frausin. Di conseguenza all’alba del 30 aprile il CLN e Unità Operaia diedero il via a due insurrezioni, indipendenti e concorrenziali tra di loro, avvenute rispettivamente (e prevalentemente) nel centro cittadino e nelle aree periferiche/marittime.
I reparti tedeschi furono costretti a ripiegare e ad asserragliarsi nel tribunale e nel castello di San Giusto.
Il 1° maggio, nel frattempo, le truppe jugoslave vinsero la “corsa per Trieste” (ovvero la “gara” da loro effettuata con le truppe britanniche al fine di arrivare per primi nel capoluogo giuliano – l’espressione fu coniata dall’ufficiale britannico Geoffrey Cox) ed entrarono nella città, che occuparono per quaranta giorni, durante i quali fu attuata un’epurazione preventiva degli avversari della linea annessionistica-rivoluzionaria jugoslava.
Il 2 maggio, invece, nel capoluogo giuliano giunse l’8^a Armata britannica.
Ciò portò alla “crisi di Trieste”, risolta con l’accordo di Belgrado (9 giugno 1945) e la suddivisione della Venezia Giulia in una zona A e una B amministrate rispettivamente dagli Alleati e dagli jugoslavi.