Nel giugno 1944 nel castello del conte Giacomo Ceconi (un ricco imprenditore del Pordenonese) nei pressi di Pielungo, in Val d’Arzino, si era acquartierato il comando della Brigata “Osoppo-Friuli”.
Si tratta di un luogo isolato e pertanto ritenuto al sicuro; ciononostante il 19 luglio avvenne un raid tedesco che costrinse alla fuga i partigiani.
La gravità dell’evento (che dimostrava evidenti falle del sistema di sicurezza osovano) spinse il CLN di Udine a effettuare un’inchiesta e a disporre la sospensione del comandante della “Osoppo” e del delegato politico, rispettivamente Verdi (Candido Grassi) e Aurelio (don Ascanio De Luca).
Per l’inchiesta giunsero sul posto due rappresentanti della DC (Umberto Zanfagnini e Aldo Moretti) e uno del Pd’A, Enea (Gastone Valente), che proposero di creare un comando unico con la “Garibaldi”, così come suggerito da Abba (Lucio Manzin), l’azionista che era stato nominato successore di Grassi. Ciò provocò tensione all’interno della “Osoppo” e portò a una fronda da parte di “indipendentisti” (non favorevoli cioè a unificare il comando) che arrestarono Manzin e liberarono Grassi e De Luca.
La “Osoppo” fu allora riorganizzata come divisione composta da cinque brigate. Il comando unico coi garibaldini fu invece formato soltanto alla vigilia della Liberazione di Udine.
Bibliografia
- G.C. Bertuzzi, voce La crisi di Pielungo, in P. Karlsen (a cura di), Dizionario della Resistenza alla frontiera alto-adriatica. 1941-1945, Gaspari, Udine 2022
- A. Moretti, La crisi di Pielungo: una pagina di storia da rivedere, in “Storia contemporanea in Friuli”, 19, 1988, pp. 205-223